Napule è…
Passione
“Passione” è un documentario
carico di passione sfrenata verso la napoletanità, raccontata attraverso lo
sguardo e la sensibilità registiche di un entusiasta John Turturro che
costruisce un accattivante messaggio con simbolici tasselli della canzone
napoletana. La validità di questo documentario consiste proprio nell’aver
saputo concentrare in quasi ’90 minuti una storia musicale che riesce ad
esprimere modi di essere, norme e valori del popolo partenopeo nella forma più
diretta ed essenziale. La musica, le canzoni che “Passione” raccoglie si
rivelano così un valido strumento di confronto e riflessione, una
partecipazione attiva e coinvolgente nella società e cultura partenopea nel
corso della sua travagliata storia. John Turturro, attore di grande spessore ed
anche valido regista, usa la forma musicale per mediare messaggi filmici che
acquistano valore assoluto per la simbologia usata ricercando sempre più una
comunicazione diretta ed efficace, senza tralasciare particolari forme
stilistiche. “Romance and the Cigarettes” (presentato a Venezia nel 2005) ne è
una sua precedente prova registica. In questo film Turturro, anche attore e
sceneggiatore, intreccia nel racconto delle storie di vita dei personaggi e
degli accadimenti, ben 23 brani musicali che si inseriscono sapientemente nelle
relazioni fra le parti del film e costituiscono un tutt’uno con la forma
filmica, dando vita ad un’esplosione di emozioni e di passioni organizzate in
un tutto funzionale. “Passione” non gode di una storia, è un film-documentario
sulla Napoli che “canta”. Una Napoli schietta, sorridente, addolorata,
vergognosa, salterella. Una Napoli che si propone musicalmente attraverso il
medioevale e struggente “Canto delle
lavandaie del Vomero”; con “Carmela”,
cantata da un’intramontabile Mina; “Era
de Maggio”, poesia di Salvatore Di Giacomo, musicata da Mario Pasquale
Costa, rappresentata da Turturro con una singolare interpretazione di Peppe
Servillo degli Avion Travel; “Indifferentemente”
prende forza e vigore dalla voce di Misia, cantante portoghese di fado; “Maruzzella” esplode nella sua forza
significativa con l’interpretazione di un Gennaro Cosmo Parlato, che si veste
di una maschera addolorata per interpretare questo brano partenopeo, con una
voce prorompente e nello stesso tempo carica di una melodiosità struggente che
conquista ed affascina. Voci potenti, graffianti, voci che si sposano con la
bellezza della città e del mare di Napoli, come quella di Pietra Montecorvino,
roca e irriverente, degna interprete dei brani “Come facette mammeta” e “Dove
sta Zazà?”. Napoli ha mille storie, mille facce, dettate dalle tante
incursioni culturali che la città partenopea ha avuto nei trascorsi secoli
della sua storia. L’idea stessa di napoletanità
affonda le radici in un dinamico processo di dialogo fra tutte le
differenze culturali che hanno stanziato sul territorio partenopeo. Nonostante
ciò, il carattere “culturale” (in senso antropologico) della napoletanità ha sempre più assunto una
dimensione olistica e naturalizzata con il riconoscimento di un modo di essere,
di una lingua, di un comportamento e soprattutto di un’identità urbana
napoletana. Nasce da questo processo intrinsecamente culturale, ricco di
simboli specifici come la canzone napoletana, la napoletanità che nel tempo ha assunto i confini di un vero e
proprio ethnos urbano, dai contorni
nazionali, rassomigliando sempre più ad una forma di comunità nazionale invece
che ad un fenomeno di campanilismo locale. Turturro coglie l’immagine di questa
comunità nazionale nella canzone napoletana, nella sua forma sensitiva
fortemente articolata, ben rappresentata in una rigorosa struttura capace di
rendere le forme di quell’esperienza vitale che il linguaggio non riesce a
produrre. E non a torto il regista di “Passione” dedica a “Tammurriata nera”, canzone straordinariamente
interpreta da Beppe Barra, dalla voce potente della tunisina M’Barka Ben Taleb
e dal sassofono suadente di Max Casella, uno spazio esaltante che restituisce
alla canzone partenopea gli ingredienti dei sentimenti, della vita, delle
emozioni e delle miserie. Le performance canore in “Passione” sebbene simboli
veraci di una cultura dalle molte facce e stratagemmi, sono articolazioni e non
affermazioni, espressività e non espressione di un popolo dai significati
singolari e diretti. A vucchella, Napule
è, O’ Sole mio, Malafemmina, Catarì, Pistol Packin’ Mama, Passione e molte
altre canzoni napoletane rappresentano quell’humus culturale-affettivo,
espressione di un simbolismo profondo e perché no, universale. Turturro,
nell’entusiasmante carrellata di canzoni napoletane, non ha fatto altro che
ricostruire una storia culturale, ed in questa costruzione il suo divertimento
è arrivato al massimo ballando liberamente al ritmo frenetico di “Caravan Petrol”, cantata da un
formidabile (siciliano) Fiorello. Rosalinda
Gaudiano
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