Il linguaggio
del cibo
(Rosalinda Gaudiano)
Il Pane
Pane e acqua, pane e
companatico o semplicemente solo pane per soddisfare la fame. Ma anche, pane
che trionfa nelle sue più svariate forme sulle tavole imbandite. Pane che conquista,
con il suo inconfondibile buon odore che emana dai forni addetti alla
panificazione. Certo è che il pane è il cibo per antonomasia: ‘buono come il
pane’ la dice tutta sulla bontà e l’importanza che questo alimento ha nelle
gastronomie delle più diverse culture che popolano la terra. Le prime
produzioni di pane erano ben diverse da quelle di oggi, difatti nei tempi
antichi il pane era prodotto con un impasto di cereali e acqua più simile a
quello delle focacce. Il pane lievitato nasce verso la metà del terzo millennio
a.C. in Egitto grazie alla diffusione della farina di grano tenero facile da
impastare e lievitare e si diffonde molto lentamente in area assiro-babilonese
e mediterranea. Nutrimento materiale, il pane è anche un simbolo della differenziazione
dell’uomo dalle altre specie, tramite la creazione di un processo di
trasformazione, mediante la panificazione, degli elementi che si trovano in
natura in produzione culturale vera e propria. La panificazione è dunque il
simbolo stesso dell’umano e gli uomini si distinguono dai barbari in quanto si
nutrono di pane. Nell’Odissea, Ulisse
per descrivere la bestiale ferocia di Polifemo dice che egli non somiglia ad un
mangiatore di pane ma ad un picco selvoso isolato dagli altri monti. Detto
questo, viene da sé che il pane rappresenta, per la sua molteplice e svariata
produzione, l’identità culturale delle genti, che si iscrive nelle molteplici
identità culinarie, nelle quali gli individui, i gruppi umani si riconoscono
proprio in quei codici alimentari tradizionalmente trasmessi, con norme,
divieti ed anche tabù. In alcune regioni dell’Italia meridionale il pane è
considerato ‘grazia di Dio’, non si getta e se si butta, prima si bacia. La
pagnotta non va messa capovolta, porta male. Quest’attribuzione di significati
e di valenze culturali attribuiti al pane, fanno di quest’alimento un simbolo
per eccellenza di dominio sulla natura. Simbologia che deriva in modo
particolare dalla società contadina che con il pane ha sempre riscattato
l’insicurezza della fame e del vivere quotidiano. Oltre questi significati
caratteristici, il pane, che si divide e si offre, è anche condivisione, nel
momento del pasto, tra i commensali che lo offrono come dono, come augurio, come
alleanza, come simbolo propiziatorio. Non esiste però ‘il pane’, di questo
alimento si conoscono le più svariate forme e varietà, a volte vere e
straordinarie opere d’arte, presentate in particolari confezioni che si
materializzano in cestelli, pupazzi, animali, ortaggi o quant’altro rappresenti
produzione di panetti per occasioni particolari come ritualità e feste
religiose o riti di passaggio. In varie regioni italiane il pane diventa
simbolo e scandisce momenti e rituali familiari, sociali e religiosi. Per
Pasqua in Sardegna si usa ancora confezionare il pane de Pasca, preparato con le stesse tecniche usate per il pane degli sposi, ossia con un impasto
di farina di semola, dall’aspetto plastico arricchito da un uovo intero con il
guscio. L’uovo viene inserito crudo nelle variegate e fantasiose forme date alla
pasta da mani di panificatrici espertissime, che per decorare a intaglio si
servono di forbici e coltellini. In Abbruzzo e nel Molise ancora oggi, alcune
famiglie di contadini, quando ammazzano il maiale usano i ciccioli macinati, ottenuti dal lardo sciolto, per preparare
gustosissimo pane a forma di pagnotta schiacciata dallo spessore di un paio di
centimetri. Ed è così che le varie tipologie e forme del pane veicolano
messaggi, scandiscono momenti dell’anno solare, rimandano a significati
culturali attraverso forme geometriche, antropomorfiche, iconografiche. Nei
comuni forni di panificazione vengono sfornate diverse forme di pane, prodotti
con varietà considerevoli di sostanze materiali quali sono le farine. Pane di
farina bianca, di segale, di farro, di soia, di cereali integrali e così via,
prodotto in tante forme. E’ chiaro che questo cibo non è solo da consumare, ma
anche da mostrare, qualificandosi veicolo eccellente della condivisione sociale
e collettiva. Non è un caso che il pane, come altri alimenti gode di una simbologia
distintiva, che utilizza il lessico di registri sensoriali nella costruzione di
emozioni che si collegano all’odore penetrante, acuto, caldo, nonché al gusto,
tutte singolarità che si racchiudono nella memoria soggettiva e collettiva.
L’olfatto è il senso della memoria, della soggettività, e ci ricorda
immediatamente, più di qualunque altro senso, l’impressione specifica di una
circostanza o di un ambiente, per quanto possano essere lontani nel tempo.
L’odore del pane intrattiene un legame privilegiato con la memoria, dà vita ad
immagini olfattive profondamente legate ai vissuti ed emozionalmente
coinvolgenti. L’odore fragrante ed inebriante che mi conquistava davanti alle
enormi pagnotte di grano duro di Vico del Gargano, dalla crosta croccante, la
mollica soffice e profumata, dal gusto deciso e saporito, sono ricordi che mi
riportano indietro nel tempo e fanno di quel pane il veicolo simbolico di un
tempo, di valori ed emozioni straordinarie. Non tralasciamo il significato
simbolico che il pane assume, come simbolo alimentare, nella religione
cristiana. In un sermone di S. Agostino si evince nei dettagli l’identità
metaforica fra la fabbricazione del pane e la formazione del nuovo cristiano.
Questo pane racconta la vostra
storia. E’ spuntato come grano nei campi. La terra l’ha fatto crescere, la
pioggia l’ha nutrito e l’ha fatto maturare in spiga. … il pane per eccellenza è
Cristo stesso, seminato nella Vergine, fermentato nella carne, impastato nella
passione, cotto nel forno del sepolcro, condito nelle chiese che ogni giorno
distribuiscono ai fedeli il cibo celeste.
Simbolo di culto e di tradizione
laici e collettivi, rappresentativi di un’umanità totale, il pane assurge ad
elemento gastronomico distintivo culturale-religioso, a soggetto comunicativo
non verbale, in un colloquio costante con uno dei primari bisogni umani, la
fame.
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